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Prendo spunto da un comunicato rivolto ai cittadini di Erchie, diffuso nel territorio comunale, che segnala molteplici e variegati rischi gravi per i cittadini locali, qualora esposti alle contaminazioni da agenti patogeni prodotte dal ventilato impianto di digestione anaerobica e compostaggio, ormai da tempo agli onori della cronaca locale.
Solo per brevità ricordo i passaggi ed i contenuti:
tra i vari inquinanti chimici, sostanze pericolose come ad esempio i composti di Zolfo e di Azoto, le diossine, le polveri sottili (fini ed ultrafini)
DANNI ALL’AGRICOLTURA E ALLA SALUTE PUBBLICA
tra gli inquinanti batterici dell’impianto ci sono L’Escherichie coli, la Salmonella e la Sighella, oltre ai temutissimi batteri anaerobi responsabili del Botulismo e Tetano
Tutti i batteri inquinanti sopracitati sono causa, a lungo andare, di PATOLOGIE TUMORALI – MALFORMAZIONI FETALI – PATOLOGIE RESPIRATORIE.

Anche un’interrogazione rivolta al Presidente del Consiglio della Regione Puglia, al Presidente della Giunta Regionale e all’Assessore alla Qualità dell’Ambiente, in data 04/05/2016 riprende l’argomento con questa espressione: “In particolare, stando agli ultimi dati epidemiologici si riscontra un’incidenza preoccupante dei fattori inquinanti prodotti da tali impianti, diossina ed emissioni odorigene, nell’insorgenza di malattie gravi”.

COSA DICE LA LETTERATURA SCIENTIFICA INTERNAZIONALE SUI RISCHI CONNESSI ALLE ATTIVITA’ DI COMPOSTAGGIO?

Premetto che la presunzione, per taluni spendibile, di affrontare questo delicato argomento con il sostegno di qualche sommaria conoscenza, talvolta anche improvvisata o imprecisa, non trova condivisione in chi, come il sottoscritto, vive di ricerca e sperimentazione, quindi si avvale di approcci rigorosi alle discipline. E’ sufficiente scorrere la letteratura di settore per dimostrare, spesso, l’inconsistenza o la scarsa veridicità dei proclami che costituiscono sintesi addomesticate, spesso fuori luogo, non confortate da indagini serie e storicizzate.
Nelle situazioni più complesse, quali ad esempio quella di Erchie, è opportuno avvalersi solamente di affermazioni referate e contestualizzate al settore preso in esame (digestione anaerobica e compostaggio di matrici selezionate). Solo riferimenti bibliografici puntuali e/o esperienze dirette qualora validate dal contesto scientifico nazionale ed internazionale sono utili al dibattito. Diversamente nascono modelli comportamentali alterati che arrecano incomprensioni, fraintendimenti e più spesso pericolosa disinformazione.
Nei 30 anni di attività svolta per conto della Provincia Autonoma di Trento nello specifico ruolo di Direttore del Dipartimento Ambiente del Centro Ricerche e Sperimentazione della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige (TN), ho avuto il mandato di studiare con un gruppo di lavoro specialistico, a tutt’oggi operativo in Italia ed Europa, la complessa problematica della valorizzazione delle frazioni organiche in energia rinnovabile e compost. Anche in questa occasione non voglio scostarmi dall’affidare i contenuti di questo documento, come è mia consuetudine, alla ricca letteratura mondiale di settore.
Mi permetto solo di annotare di aver vissuto in prima persona e monitorato decine e decine di impianti in Italia in merito agli aspetti ambientali e ho assistito al ricorso di metodi tra i più disparati per diffondere le informazioni.
In questo specifico caso mi trovo di fronte ad una comunicazione alla cittadinanza che posso definire “imbarazzante”.
Lo storico dei 300 impianti circa di compostaggio (e digestione anaerobica) operativi sul territorio nazionale non annovera i pericoli sopra citati e questa è una prima statistica importante.
Un secondo punto fermo sta nella ricerca delle condizioni che garantiscono un livello di sicurezza ambientale ed igienico-sanitaria adeguato, corrispondente a quello auspicato. Questa garanzia è il concorso di più fattori: buona progettazione, dotazione impiantistica adeguata, conduzione di processi ottimizzati e monitorati, ricompresi in un modello gestionale di alta affidabilità, controlli cadenzati., come già indicato in un mio precedente documento di confronto con il prof. Francesco Magno.
Sotto l’aspetto più generale, importanti e definitive risposte sui rischi connessi alla gestione di impianti di compostaggio di FORSU sono state date nel tempo da luminari microbiologi internazionali ed esperti ricercatori del mondo igienico-sanitario, che il sottoscritto si pregia di aver conosciuto per averli invitati a convegni scientifici da me organizzati e per la loro partecipazione a molti simposi durante i quali comunicavano, tra l’altro, le condizioni per una sicura sanitizzazione dei materiali e degli ambienti di lavoro.
Ricordo in breve il prof. Marco de Bertoldi (Ordinario di Microbiologia applicata dell’università di Pisa e di Udine), il prof. Melvin Finstein (professore Emerito Università del New, Jersey), prof Clarens Golueke (professore Emerito Università della California), prof. E I Stentiford (United Kingdom) , prof. . Hoitink , prof. R. Stegmann, (Università Hamburg-Harburg), Featchem …..
Questi contenuti scientifici ho avuto modo di presentarli in una audizione pubblica in quel di Erchie a fine maggio e delineano la cornice della sicurezza ricercata da qualsiasi cittadino pensante, che vuole bene a sé stesso, agli altri concittadini e al territorio che mai vuole vedere compromesso da chicchessia.
La popolazione locale ha giustamente bisogno di rassicurazioni, non certo di pressioni generate da dichiarazioni che paventano danni irreparabili alla salute e all’ecosistema locale, che non hanno riscontro in alcun impianto nazionale e straniero strutturato e ben gestito.
La coltivazione dell’allarmismo facile deve lasciar posto ad una giustificata e manifesta richiesta di informazioni, di confronto su eventuali migliorie e presidi introducibili.

Sintesi dell’intervento pubblico di maggio 2016

L’impianto di Erchie si articola in due sezioni in successione che attuano una prima fase di digestione anaerobica, che porta alla produzione di biogas e che avviene in ambiente confinato, ermetico in misura tale da non permettere scambi gassosi tra interno ed esterno, seguita da una seconda sezione aerobica di stabilizzazione che conduce alla produzione di compost per uso agricolo.

1. PROCESSO DI DIGESTIONE ANAEROBICA A SECCO, TERMOFILO (51-55°C)

I rifiuti umidi da raccolta differenziata, dopo essere stati triturati e vagliati a 60 mm, vengono introdotti nel digestore ove permangono circa 25 giorni alla temperatura di 51-55°C. Questi valori sono facilmente leggibili nel sinottico seguente.

Una prima conclusione importante, da memorizzare, deriva dalle condizioni ecologiche registrate all’interno del digestore: temperatura delle masse 51-55°C per circa 25 giorni.

2. PROCESSO DI STABILIZZAZIONE AEROBICA IN TUNNEL

Ultimata la fase in digestore, la massa viene miscelata con lignocellulosici e disposta in cumulo nei tunnel serviti da ventilazione forzata, al fine di favorire la completa decomposizione dei composti organici e dar corso ai processi di umificazione che proseguiranno nella successiva fase di maturazione.

Tunnel a tenuta, controllati da PLC (temperatura, pressione, portata d’aria), tempo di residenza 14-21 giorni
Una seconda conclusione da tenere a mente: nei tunnel i materiali sostano per circa 15-20 giorni e fanno registrare temperature comprese tra 50 e 60°C.

Il grafico seguente registra gli andamenti termici dei tunnel.

3. FASE DI MATURAZIONE

All’uscita dei tunnel le masse completano la fase di compostaggio nella sezione di maturazione, dove sostano per circa un mese

Le sonde di temperatura indicano valori compresi tra 45 e 50°C.

PRIME CONCLUSIONI

Il tempo di processo complessivo delle fasi biologiche è di circa 75 giorni e la temperatura delle masse per almeno 45-50 giorni è superiore a 50°C.

Per comprendere facilmente il concetto che si vuole esprimere ci viene in aiuto il caso della pastorizzazione e della sterilizzazione degli alimenti.
Si tratta di processi di risanamento termico applicato allo scopo di minimizzare i rischi per la salute dovuti a microrganismi patogeni sensibili al calore, quali i batteri in forma vegetativa, che utilizza temperature di 70-75 °C per 15-20 secondi o nel caso della sterilizzazione a 140-145 °C per pochi secondi,

Dall’esempio riportato di deriva che l’igienizzazione dei materiali può, come facilmente intuibile, avvenire sottoponendo ad una fonte di calore la massa ad alta temperatura per pochi secondi oppure con temperature più basse e tempi di esposizione più lunghi.
Se si analizzano I diagrammi seguenti si può chiaramente identificare la zona di sanitizzazione certa per molteplici patogeni che si configura correlando le temperature ed i tempi di esposizione (Safety Zone).
Di seguito viene riportata una casistica puntuale sulle condizioni di igienizzazione per i diversi agenti danno per l’uomo.

Si tenga altresì conto che sia la normativa nazionale disciplinante la produzione di ammendanti compostati (D.lgs 75/2010 e s.m.i.) sia numerose regolamenti regionali (l’esempio sotto riportato riguarda la Regione Veneto) condizionano la fase di preparazione e commercializzazione nel modo seguente:

ULTERIORI FATTORI IGIENIZZANTI

Non solo le temperature concorrono a sanitizzare i materiali, bensì anche la natura del substrato, divenuto nel tempo sempre meno elettivo per i patogeni in quanto più “evoluto” per la presenza di humus (polimero complesso poco appetito) e la forte concorrenza microbica dei ceppi “buoni” nei confronti di quelli potenzialmente dannosi (microrganismi competitori e antagonisti).
Analogamente all’attuale modalità di difesa delle colture da fitopatogeni, che non punta più come nel passato alla “pulizia” con insetticidi, acaricidi, fungicidi a vasto raggio d’azione, bensì alla drastica riduzione dell’uso dei fitofarmaci e all’inserimento di insetti che sono predatori naturali di quelli dannosi.
L’accertamento della trasformazione del substrato in matrice poco favorevole all’insediamento di popolazioni microbiche anche patogene si può ottenere per via chimica ricercando il tasso o grado di umificazione e per via biologica misurando l’intensità respiratoria dei microrganismi attivi nelle masse.

SECONDE CONCLUSIONI

L’azione competitiva esercitata dalla microflora e microfauna insediata nella massa nel corso del processo nei confronti dei potenziali patogeni per l’uomo (antagonismi microbici) unitamente all’umificazione avanzata dei materiali sottoposti a compostaggio rappresentano ulteriori fattori rassicuranti.
Un idoneo standard di qualità per il compost oltre a fornire la sicurezza del prodotto dal punto di vista igienico-sanitario, escludendo o comunque limitando in misura drastica la presenza di batteri patogeni o comunque “pericolosi”, deve anche coprire un particolare aspetto riguardante il contenuto di microrganismi patogeni per le piante. E’ stato dimostrato che alcuni prodotti del compost maturo hanno un effetto sopprimente nei confronti di microrganismi patogeni.

COMPOSTI DELLO ZOLFO

Questo aspetto trova immediata risposta negli addetti ai lavori, nei gestori degli impianti che conoscono perfettamente l’inconsistenza di questo allarme.
Non ricordo casi di superamento delle concentrazioni di idrogeno solforato e mercaptani fissate nelle autorizzazioni rilasciate per la gestione degli impianti. Se frequentemente il valore soglia ammesso per H2S è di 3 mg/Nmc, il valore riscontrato in genere è pari a circa 1/10 del valora limite fissato.

EMISSIONI DI PARTICOLATO E DI AEROSOL MICROBICI PER GLI ADDETTI IN IMPIANTO

La produzione di polveri è, in genere, assolutamente modesta nelle fasi di selezione, movimentazione delle masse e aerazione riguardanti le matrici organiche ad alto o medio contenuto di acqua. Con il procedere della biostabilizzazione e, quindi, con la progressiva perdita di umidità, accresce la produzione di particelle organiche di piccole dimensioni trasportate dalla corrente d’aria (compost prossimo alla maturazione, movimentato, vagliato e trasportato con umidità inferiore a 30%).
Le principali misure per evitare l’eccessiva formazione e dispersione di polveri consistono perciò, prima di tutto, nell’evitare la disidratazione dei materiali trattati, peraltro incompatibile con la corretta evoluzione biologica delle matrici organiche e poco conciliabile con una distribuzione regolare in campo del compost (data la polverosità).
Si consideri, ad ogni modo, che le operazioni con elevato potenziale di formazione di particolato vengono sempre condotte in strutture chiuse, in depressione, con aspirazione forzata dell’aria e suo invio agli scrubber per l’abbattimento delle polveri, oltre che degli odori. L’autorizzazione, già di per se, fissa un limite massimo da osservare nelle emissioni di 10 mg/Nmc .
L’azione di prevenzione si basa anche sull’assegnazione ai lavoratori di indumenti e di mezzi di protezione individuale.

CONCLUSIONI GENERALI

Nella piena consapevolezza dello stato di grave preoccupazione che si è diffuso, anche a dismisura, in numerose cittadini di Erchie, ho provato a consegnare loro contenuti scientifici e vie di percorrenza per una riflessione su quello che è giusto e quel che è deviato nelle decisioni assunte. Questo contributo è rivolto ovviamente anche a coloro che hanno condiviso l’iniziativa dell’impianto a Erchie perchè troveranno utili spunti per confermare le proprie posizioni, anche alla luce delle condizioni da me espresse nel presente documento e nella lettera aperta al prof. Francesco Magno.

Auspico che rapidamente venga insediato un tavolo costruttivo e risolutivo che faccia emergere dubbi e criticità, suffragate da carenze concrete e misurabili dell’impianto proposto, correttivi ed implementazioni, contenuti di una obiettiva informazione e già sin d’ora mi sento di anticipare la presenza qualificata del prof. Marco de Bertoldi, microbiologo di fama internazionale.
Prof. Gianni Zorzi
già Direttore del Dipartimento Ambiente
Centro Ricerche e Sperimentazioni
Fondazione Edmund Mach
San Michele all’Adige (TN)

Trento, 6 agosto 2016